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Robot e Intelligenze Artificiali: cosa ci aspetta nei prossimi 30 anni

Un giorno potranno avere una loro “personalità”?

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Il Parlamento Europeo ha soffermato l’attenzione, nell’ultimo periodo, al crescente numero di robot in grado di prendere decisioni autonomamente o comunicare con entità di diversa natura senza il supporto di terze parti. Al fine di controllare in maniera più efficiente questo fenomeno in netta crescita, si pensa di attribuire una “personalità elettronica” proprio ai robot di questo tipo. Ciò garantirebbe una responsabilità legale da parte degli automi e un’attribuzione di una serie di diritti che sarebbero molto simili a quelli che oggi hanno le persone negli ambienti aziendali.

Ovviamente non sono mancate le polemiche a riguardo, che sono state sollevate da personalità di spicco provenienti dagli ambienti della robotica, della medicina e dell’etica. Secondo gli esperti, infatti, è impossibile accostare un robot, per quanto sofisticato, al modello di persona naturale. Inoltre, queste misure potrebbero sollevare i produttori dalle loro responsabilità, senza contare che, allo stato dei fatti non sono ancora state prodotte IA ancora veramente paragonabili e compatibili con questo modello.

È anche vero che, come abbiamo sottolineato precedentemente, il fenomeno è in un momento di crescita esponenziale e vengono progettati robot sempre più intelligenti e umanoidi che si comportano sempre più come veri e propri essere umani. John Frank Weaver, autore di “Robots are people too”, sottolinea come sia importante risolvere queste questioni legali e burocratiche il prima possibile, prima che sia troppo tardi. La sua idea è quella di attribuire una serie di diritti come: la libertà di espressione, di cittadinanza, di protezione legale e di avere l’obbligo di possedere un’assicurazione. I robot inoltre dovrebbero avere il diritto di gestire la propria proprietà intellettuale, in modo da poter proteggere le proprie creazioni.

La verità è che, come spesso accade in queste situazioni, si tende a cercare delle risposte estremiste sia da una parte sia dall’altra. A mio modesto parere la soluzione più ideale al momento è quella di trovare una via di mezzo che vada bene attualmente e costruirci attorno progressivamente, mano mano che le questioni si fanno più mature e più concrete.

L’industria robotica è in continua crescita ed è stimato che nel giro di pochi anni, il numero di robot che saranno in grado di compiere le stesse azioni degli umani, supererà di gran lunga il numero di esseri umani stessi.

 

È vero che ci ruberanno il lavoro?

Risposta breve: sì.

Allo stato dei fatti, circa il 50% delle attività lavorative odierne sono automatizzabili. Questo significa che entro il 2030, verranno persi circa 800 milioni di posti di lavoro, che verranno rimpiazzati dagli automi e dalle intelligenze artificiali.

Questo non significa che i robot siano per forza nostri “nemici”, ma che sarà possibile escludere i lavori più umilianti e ripetitivi per gli esseri umani. Quest’ultimi potranno, in un futuro non così lontano, lavorare di meno ma in maniera migliore, effettuando attività lavorative gratificanti e molto meno stressanti in confronto alle condizioni di oggi.

Ciò sarà possibile solo se i governi dei diversi paesi, prenderanno sul serio i cambiamenti che segneranno i prossimi decenni, e che impatteranno la sfera politica, etica e sociale della società che verrà.

Probabilmente questi cambiamenti saranno inizialmente drastici e traumatici ma, se gestiti bene, porteranno ad una qualità della vita assai superiore nel lungo termine.

 

E per quanto riguarda l’ambito militare?

Il modo di farsi la guerra è cambiato, ma non certo nell’ultimo periodo. Esso, infatti, è in continua evoluzione: basti pensare alla guerra di Troia o alle conquiste dell’Impero Romano, dove migliaia e migliaia di soldati si affrontavano in campo aperto e per la maggior parte in combattimenti ravvicinati, e mettere a confronto questo tipo di conflitti con le atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki, dove l’azione di un solo uomo ha avuto come risultato l’uccisione di centinaia di migliaia di persone. Senza contare il periodo di Guerra Fredda avvenuto alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Le grandi potenze mondiali oggi, investono molto sulla ricerca militare, al fine di sviluppare armi completamente autonome, in grado di raggiungere e distruggere i target senza l’intervento umano. Ovviamente non ci si fermerà solo ai missili, ma anche ad aerei, imbarcazioni, e altri tipi di veicoli completamente autonomi, senza dimenticare lo sviluppo di robot-killer.

Ovviamente, potenziali conflitti di questo tipo, potranno un giorno portare alla mancanza di controllo e responsabilità da parte degli uomini. Seppur non autonomi, prendiamo in considerazione i piloti di droni militari. Questo tipo di droni possono essere comandati a migliaia di chilometri di distanza. Immaginiamo un ufficiale che manovra un drone radendo al suolo diversi obiettivi critici e che finito il suo turno vada a prendere i figli a scuola come se niente fosse. È senz’altro un’immagine alquanto bizzarra in confronto al modo che abbiamo di intendere la guerra.

Voi cosa ne pensate di queste problematiche che stanno sorgendo a seguito dei nuovi sviluppi nel campo della robotica? Fatemi sapere la vostra nei commenti, o al mio indirizzo e-mail [email protected], prometto che non inserirò il bot delle risposte automatiche 🙂

Emanuele Fabi
Laureato in Ingegneria Informatica all'Università di Roma "La Sapienza", da sempre appassionato di motori e sport motoristici.

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