La fusione nucleare: che cos’è e che prospettive può darci?
La fusione nucleare è un promettente candidato per soddisfare i futuri fabbisogni energetici, compatibilmente con i requisiti di sostenibilità, sicurezza e elevata densità energetica. A causa della complessità tecnologica richiesta non è ancora possibile ricreare una produzione netta di energia qui sulla Terra, ma un esempio di reattore nucleare a fusione si trova a circa 150 milioni di chilometri da noi: il Sole. La fusione nucleare, difatti, è ciò che permette alle stelle di auto-sostenersi.
La reazione di fusione nucleare
La fusione nucleare è una reazione in cui due o più nuclei atomici si avvicinano così tanto da riuscire ad unirsi. La reazione produce uno o più nuclei atomici più pesanti e altre particelle subatomiche (neutroni o protoni). La massa dei prodotti è minore rispetto al totale iniziale dei reagenti. Questa frazione di massa m, sottratta al totale, viene trasformata in energia E secondo la famosa relazione di Einstein
E = m c2
dove la costante c è la velocità della luce, pari a 300.000.000 m/s.
Più nello specifico, nel Sole avviene la fusione di 4 protoni, cioè 4 nuclei di idrogeno 1H, in un nucleo di elio 4He, elemento stabile ma con energia di legame inferiore all’idrogeno. Il difetto di massa, pari a 0,029 u.m.a. (unità di massa atomica), produrrà 27,05 MeV di energia (ovvero 4,334 x 10-12 Joule).
La reazione di fusione che verrà adottata nei futuri reattori non è quella che avviene nel Sole, bensì la reazione deuterio-trizio: il deuterio (2H o D) e il trizio (3H o T) sono due isotopi dell’idrogeno. Il primo è stabile e presente nell’acqua di mare, il secondo è radioattivo e ricavabile da specifiche reazioni che coinvolgono il litio contenuto nelle rocce della crosta terrestre.
D + T → 4He + n + 17,6 MeV
I parametri in gioco
Affinché il meccanismo di fusione abbia inizio, i nuclei atomici devono vincere la repulsione coulombiana e avvicinarsi a tal punto da risentire della forza nucleare forte, cioè la forza che permette a neutroni e protoni di formare un nucleo atomico. Questo processo è favorito da elevate temperature (parliamo di centinaia di milioni di °C) ed elevate densità. In queste condizioni la materia si trova allo stato di plasma (il quarto stato di aggregazione dopo solido, liquido e gassoso). A tal proposito è doveroso citare il criterio di Lawson, secondo il quale un reattore a fusione funziona se il prodotto delle grandezze temperatura T, tempo di confinamento t e densità n è sufficiente a porre il plasma in condizioni di innesco reazione.
T t n > 1,2 x 1021 m-3 keV s
Se tale criterio è soddisfatto, il processo è in grado di autosostenersi, poiché l’energia prodotta alimenta le successive reazioni. Nelle stelle tale meccanismo avviene grazie alla forza gravitazionale e quindi alla pressione che enormi masse esercitano sul nucleo. Ciò è impensabile qui, sulla Terra, per cui si cerca di mettere a punto macchinari per la generazione e il confinamento dei plasmi.
Pro e contro
La fusione nucleare risulta una soluzione interessante per la produzione commerciale di energia elettrica, visti i notevoli vantaggi che essa potrà offrire:
- a differenza delle fonti fossili e dell’uranio, attualmente utilizzati nelle centrali termoelettriche, il combustibile della fusione è pressoché inesauribile;
- non vengono prodotte emissioni climalteranti (ciò è vero anche per la fissione);
- il processo è facilmente controllabile, poiché può essere fermato interrompendo l’apporto di combustibile; ciò lo rende intrinsecamente sicuro, fattore che spesso viene criticato alla fissione nucleare;
- una facile gestione degli elementi radioattivi presenti in un reattore: in pratica, la reazione D-T prevede solamente la presenza di una piccola quantità di trizio (elemento radioattivo) e l’attivazione dei componenti di contenimento del plasma da parte dei neutroni prodotti dalle reazioni; tuttavia, la radioattività di tali componenti decade dopo poche decine di anni, a differenza delle scorie di fissione.
Inoltre, è possibile fare un confronto dal punto di vista del potere calorifico, ovvero la quantità di energia ottenuta dalla completa conversione di 1 kg di una data sostanza. La reazione D-T ha un potere calorifico pari a 3,37 x 108 MJ/kg, maggiore rispetto alle già citate fonti fossili e all’uranio.
Metano |
50,0 MJ/kg |
Olio combustibile |
40,0 ÷ 42,0 MJ/kg |
Carbone |
22,0 ÷ 34,2 MJ/kg |
Uranio (Fissione Nucleare) |
9,4 x 105 MJ/kg |
Il tasto dolente risiede nella difficoltà di realizzare un reattore a fusione in grado di produrre effettivamente energia: finora non si è riusciti a superare il cosiddetto break-even, ovvero il pareggio tra l’energia prodotta dalla fusione e quella spesa per ottenerla. Nei prossimi articoli verranno messe in luce le tecnologie in via di sviluppo e i progetti messi in piedi da varie nazioni che, negli anni, hanno saputo stringere accordi di collaborazione per l’ottenimento di un risultato potenzialmente determinante per il futuro energetico mondiale.