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Sulle orme di Greta

I giovani di tutto il mondo si mobilitano per promuovere un cambiamento di rotta nelle politiche ambientali e sensibilizzare l’opinione pubblica.

 

La giornata del 15 marzo 2019 potrebbe passare alla storia come evento epocale. In tutta Italia, in circa 180 città, si sono raccolti giovani di tutte le età, dalle scuole elementari agli universitari, in manifestazioni per chiedere decisioni serie riguardo al surriscaldamento globale e all’ inquinamento.

Secondo le prime stime degli organizzatori si è raggiunto il milione di partecipanti. Erano in 30mila a Roma, in 100mila a Milano, in 10mila a Torino e Firenze, e così via. Ma il movimento ha avuto una portata globale, con scioperi in 2052 città in ogni angolo del mondo.

Si è trattato, appunto, di un unico evento globale definito “Global Strike for Future” (“Sciopero globale per il futuro”). Milioni di giovani si sono ritrovati a condividere la stessa idea, a spostare l’attenzione sul futuro a cui stiamo destinando il pianeta, chiedendo che i governanti facciano lo stesso. Così movimenti studenteschi di tutto il mondo si sono mobilitati e organizzati per sincronizzare le manifestazioni in unico evento definito “FridaysForFuture”. Lo stesso nome, al plurale, presuppone che ciò a cui abbiamo assistito sia il primo di una serie.

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I “Venerdì per il futuro” nascono dall’ esempio di Greta Thunberg, studentessa svedese di 16 anni. Nell’ agosto dello scorso anno Greta decise di protestare pacificamente ogni venerdì di fronte alla sede del Parlamento Svedese, saltando la scuola. Era rimasta impressionata dal numero di incendi e dalle temperature che avevano caratterizzato l’estate nel suo Paese e chiedeva politiche più serie al riguardo, in vista delle elezioni politiche del 9 settembre 2018. Portava con sé il cartello “Skolstrejk för klimatet” (“Sciopero scolastico per il clima”).

Greta ha continuato a portare avanti la protesta anche dopo le elezioni e la sua storia ha man mano superato i confini nazionali. Le sue partecipazioni al TEDxStockholm, alla Conferenza sul Clima di dicembre a Katowice e poi al forum di Davos non hanno fatto altro che accrescerne la risonanza mediatica, sino a farla diventare l’ispirazione per gli studenti e i leader ambientalisti di ogni parte del mondo. Ad oggi si è affermata come simbolo indiscusso delle manifestazioni per l’ambiente.

Dalla manifestazione svedese, di fronte al Parlamento di Stoccolma, proprio Greta, che ormai ha assunto il chiaro ruolo di attivista, ha tenuto a sottolineare:“Non sono io l’inizio di questo movimento. Era già lì e serviva solo una miccia per farlo accendere”. È chiaro però che l’incredibile apporto dato dall’ impegno di Greta non è stato generato dal contenuto dei suoi discorsi o dai temi affrontati. Gli stessi argomenti sono stati ampiamente trattati e denunciati da scienziati ed esperti ormai da decenni. Ma è stato l’impegno pratico di una ragazza così giovane a sorprendere tutto il pianeta, a far capire che ciascuno è nelle facoltà di promuovere un cambiamento con il suo intervento.

In Italia Mario Tozzi, che ha partecipato alla manifestazione romana, si prodiga da anni per sensibilizzare le persone e i governanti ad una condotta più responsabile, e spiega: “Soprattutto in Italia sono molti di più i giorni di gran caldo e con una temperatura più elevata, ma negli ultimi 150 anni mai è stata così alta la temperatura: questo significa che saranno più frequenti le perturbazioni, i disastri e le frane: dovunque ci giriamo vediamo gli effetti sulla nostra pelle”.

Luca Mercalli, presidente della società meteorologica italiana e climatologo attivissimo nella divulgazione scientifica, si unisce al coro degli esperti che sostengono che il punto di non ritorno sia stato già superato: “Non sappiamo più quale sia il modo migliore di comunicare questa emergenza. Perché finora in quarant’anni di ambientalismo nessun metodo ha funzionato. Né spaventare, né minimizzare, né proporre soluzioni. In questo momento siamo privi di strategie comunicative. Altrimenti avremmo già risolto il problema negli anni Ottanta. Quindi vale tutto. È giusto spaventare perché la situazione è drammatica.”

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Qualcuno inizia invece a sollevare le prime perplessità sull’ importanza assunta da Greta Thunberg all’ interno di questo movimento globale e su alcuni passaggi opinabili dei suoi discorsi (“molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso”, “ci avete sempre ignorati”, “il potere non appartiene a voi ma al popolo”). Bisogna innanzitutto tenere sempre bene a mente che si tratta di una giovane ragazza, della quale va apprezzato il fervente impegno e alla quale va concessa qualche uscita meno precisa. Nel giro di poche settimane Greta Thunberg si è ritrovata a parlare pubblicamente, oltre che ai media, davanti a platee importanti ed esperte. Le sue intenzioni sono linfa vitale e i risultati a cui ha portato finora sono già indiscutibili.

Non è infatti corretto affermare che i governi occidentali siano responsabili dell’attuale condizione del pianeta. Non è responsabilità esclusiva dei “ricchi”: i dati sull’ inquinamento dell’aria ci segnalano che proprio i paesi in via di sviluppo (dove non esistono normative restrittive in materia), quali Cina e India, impattano in maniera negativa sulla qualità dell’aria. Ciò non assolve comunque paesi occidentali e multinazionali dalle rispettive colpe.

Non è inoltre il caso di trasformare queste fondamentali e legittime proteste nell’ ennesima diatriba tra èlite e popolo. Erano decenni che si attendeva una presa di posizione forte su questi temi da parte della popolazione e non sarebbe corretto deviare l’attenzione su lotte politiche che dovrebbero rimanere estranee . Va inoltre ricordato che i provvedimenti finora intrapresi a tutela dell’ambiente si sono sempre attestati in contrasto con la volontà popolare, che raramente accoglie con entusiasmo normative ecologiche.

Ciò che va ribadito con forza, nelle manifestazioni che succederanno e nelle propria esperienza quotidiana, è che non stiamo mettendo a repentaglio soltanto l’esistenza del pianeta Terra, che in qualche modo probabilmente se la caverà, ma soprattutto la sopravvivenza della specie umana.  La sesta edizione del Global Environmental Outlook , un rapporto completo sullo stato dell’ambiente, redatto a Nairobi da 250 scienziati ed esperti provenienti da oltre 70 paesi, ci conferma proprio che stiamo andando incontro al collasso della specie umana e il tempo rimasto a disposizione è agli sgoccioli. Urge un cambiamento di rotta netto.

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Non ci resta che sostenere questo movimento globale che lotta in difesa dell’ambiente. Non resta che chiedere provvedimenti seri e decisi per la salvaguardia dell’ambiente. È necessario proseguire sulla strada della sensibilizzazione, perché l’operato di ciascuno ha effetti decisivi sull’ ambiente. I giovani di tutto il mondo che sono scesi in piazza immaginano un futuro migliore. Hanno un sogno e vogliono alimentare la possibilità che la Terra, e la specie umana, un futuro ce l’abbia.

Questa volta sono i giovani a trainare l’umanità verso la speranza. Lasciamo da parte il cinismo e sosteniamo questa volontà.

 

Fonti:

Paolo Rosi
Studente di Comunicazione Sociale presso l’Università Pontificia Salesiana. Romano di nascita e di cuore, patito di calcio e di musica. Tra i suoi maggiori interessi le questioni politiche e sociali.

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