Verso la Luna con Artemis – 2/2
Nella prima parte di questo articolo abbiamo introdotto il programma spaziale Artemis trattandone in maniera sintetica l’organizzazione e gli obiettivi primari. In questa sezione approfondiremo il sistema di lancio SLS, l’orbita designata per il Gateway e gli esperimenti che avverranno durante il programma Artemis.
Lo Space Launch System
Paragonabile in dimensioni al leggendario Saturn V, lo Space Launch System assume un ruolo fondamentale nella riuscita del progetto Artemis. Nonostante l’importanza cruciale che attualmente riveste, i suoi albori sono scanditi da momenti di grande incertezza.
Cominciò tutto nel 2005, quando l’agenzia intraprese un importante progetto di sostituzione dei veicoli Shuttle. Noto come programma Constellation, l’obiettivo principale fu quello di riconcepire il viaggio spaziale con un’intera nuova categoria di veicoli e motori. Tra questi si distinguono i lanciatori della serie ARES, il lander LSAM conosciuto come Altair, il sistema di propulsione EDS (Earth Departure Stage) e la navetta Orion. Nel 2011, sotto la presidenza di Barack Obama, il programma subì un drastico taglio ai fondi, che portò inevitabilmente alla cancellazione dell’ambizioso programma Constellation e ad un radicale ripensamento sullo sviluppo dello SLS, che aveva ormai preso piede.
Fortunatamente, la NASA decise di non troncare del tutto i progetti di Constellation. Piuttosto, volle concentrare le risorse sullo SLS e sulla navetta Orion. Con il senno di poi, possiamo dire che la scelta drastica di dirottare i fondi su due soli progetti e i notevoli ritardi sullo sviluppo dei prototipi sono comunque valsi la candela.
Con un’altezza che varia dai 98 ai 111 metri circa, in base alla configurazione degli stadi, lo SLS riunisce una serie di caratteristiche tecniche di grande rilievo. In una sola missione può trasportare una navetta Orion con equipaggio e un carico utile per un massimo di quasi 26 tonnellate. Tale limite di payload potrà raggiungere in futuro le 45 tonnellate. Lo stadio principale riunisce quattro motori RS-25, ognuno dei quali pesa 3.6 tonnellate e brucia propellente liquido a base di ossigeno e idrogeno. I booster laterali, alti circa 56 metri, sfruttano invece propellente solido e generano una spinta di 1632 tonnellate.
Per un peso complessivo di quasi 6 tonnellate, il solo razzo privato del payload può generare una spinta totale di 4000 tonnellate, ovvero il 15% in più di un razzo Saturn.
L’orbita lunare
Stando alle fonti ufficiali, il Gateway percorrerà un’orbita molto particolare, che permetterà la visione contemporanea della Luna e della Terra. Il motivo dietro la scelta di una Near Rectilinean Halo Orbit, o semplicemente orbita halo, è da associare al bisogno di un costante contatto radio con la Terra. In questo modo si limitano i momenti di eclissi, durante i quali si perdono i contatti con le stazioni a terra.
L’orbita nasce dagli studi del fisico Jule Antoine Lissajous (da qui il termine generale di orbita di Lissajous), il quale calcolò delle orbite tridimensionali per degli oggetti, di massa trascurabile, che risentono della forza gravitazionale di due corpi celesti. Tali orbite sono tracciate su dei punti speciali, detti punti di Lagrange, che permettono all’oggetto orbitante di mantenere una posizione stabile relativamente ai corpi celesti.
Nella realtà, immettere un oggetto orbitante in un’orbita halo richiede una manovra estremamente precisa, che a lungo andare richiede delle correzioni di velocità. Sono già noti altri corpi celesti che orbitano i pianeti gassosi del Sistema Solare, come i satelliti “troiani” di Nettuno e le nubi di Kordylewski attorno al nostro pianeta.
Il nome halo associato all’orbita risulta particolarmente appropriato nel definire il moto del Gateway nello spazio. Nel video posto alla fine del paragrafo, potrete assistere a diversi piazzamenti di un oggetto spaziale in orbita attorno a due corpi celesti, in base al punto di riferimento. In una situazione geocentrata, quindi con la Terra come riferimento spaziale, l’orbita assume la tipica forma di un’aureola, da qui il termine halo.
Gli esperimenti di Artemis
Il numero estremamente elevato di risorse e di tecnologie e l’impegno profuso nel vasto progetto Artemis rendono la Luna un banco di prova estremamente interessante. La sostanziale novità risiede nella sede ravvicinata al nostro satellite, che ci concede il privilegio di condurre esperimenti direttamente sulla superficie lunare.
Le attività pensate per essere svolte sulla superficie interessano elementi di recente sviluppo industriale. Parliamo di realizzazione di moduli abitativi o di attrezzi con materiale rinvenuto sulla superficie e di robot che assistono il personale “organico” nelle attività.
Il collaudo di sistemi per il supporto vitale sarà anch’esso parte di applicazioni approfondite. Di fatto, la possibilità di creare una colonia stabile sulla superficie lunare si fa sempre più tangibile, pertanto rende necessario ricreare degli ecosistemi che supportino attivamente la vita. Diversi modelli teorici fanno affidamento su un sistema biologicamente diversificato, che integra varie comunità vegetali a sostegno dell’atmosfera ricreata artificialmente.
Infine vi sono esperimenti di natura prettamente tecnica e fisica. Si cerca di indagare sul livello medio di radiazione superficiale (Linear Energy Transfer Spectrometer), sulla composizione gassosa alla superficie e nell’esosfera (Ion-Trap Mass Spectrometer for Lunar Surface volatiles, Near-Infrared Volatile Spectrometer System), sull’abbondanza di idrogeno (Neutron Spectrometer System and Advanced Neutron Measurements at the Lunar Surface) ed in genere sull’efficacia dei sistemi di discesa e di risalita dalla superficie.
Idee sul futuro?
Il programma Artemis è uno dei programmi spaziali più importanti in atto, ma la sua agenda molto stretta non concede alcun margine di errore. Eppure la difficoltà logistica non è il solo punto all’ordine del giorno. Infatti, un avversario commmerciale degno di nota è la serie di lanciatori Falcon, di casa SpaceX ©. Abbiamo già potuto apprezzare la potenza spettacolare del Falcon Heavy, mostrata in una live sui social il 6 febbraio 2018, il cui lancio è terminato con il lancio di un veicolo Tesla verso Marte e con il recupero di entrambi i booster laterali. Ad eccezione della sola perdita del Core Stage, SpaceX ha fatto semplicemente un’ottima figura, che le è valsa l’attenzione di tutto il mondo e la profonda soddisfazione del fondatore Elon Musk.
Si potrebbe temere un’aspra competizione fra le due agenzie spaziali ma, al contrario, è auspicabile un fruttuoso sodalizio che porti ad una mutua crescita e ad una svolta nella storia dell’industria aerospaziale. I tempi sono estremamente favorevoli per una grossa collaborazione fra partner commerciali, centri di ricerca, università e agenzie internazionali, e possiamo solo ben sperare nella riuscita del programma. Le aspettative su Artemis sono molto alte e gli obiettivi di grande importanza, ma ricalchiamo le parole di John Fitzgerald Kennedy, il quale affermò, con la stessa fiducia che ci distingue, che “abbiamo scelto di andare sulla Luna in questo decennio e di fare altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili“.