Rosetta: rendevouz con una cometa
Una cometa a spasso per lo spazio
Lo studio dei corpi celesti più vicini alla Terra si appoggia di frequente all’uso di una sonda. Negli ultimi cinquant’anni sono state inviate innumerevoli sonde, con gli obiettivi di mappare le geografie dei corpi, di studiarne le composizioni, ed in genere di raccogliere più dati possibili. Citiamo le famose Voyager 1 e 2, entrambe ormai fuori dal nostro Sistema Solare, la Cassini-Huygens passata in orbita intorno a Saturno, la New Horizons su Plutone e Juno su Giove. Molte di loro hanno avuto per oggetto specifico della missione un corpo celeste facilmente intercettabile e di dimensioni comunque tipiche per un pianeta. Ma una sonda in particolare, la sonda Rosetta, ha letteralmente inseguito una cometa a spasso per il nostro Sistema, la 67P/Churyumov-Gerasimenko.
La scoperta della cometa
La cometa, scoperta nel 1969 da Klim Ivanovic Churyumov e da Svetlana Ivanova Gerasimenko, detiene delle caratteristiche senz’altro peculiari. La sua orbita intorno al Sole non è perfettamente ellittica. Questa, infatti, varia a causa dell’interazione con la gravità di Giove, il quale ne devia la direzione in maniera sostanziale. Si è calcolata una variazione del perielio da 4,0 UA nel 1840 a 3,0 UA durante il primo incontro con Giove, fino a 1,28 UA nel 1959. Per aprire ufficialmente la missione si attenderà fino al 2004, anno del lancio della sonda Rosetta dal cosmodromo ESA a Kourou nella Guyana Francese.
La missione
L’obiettivo della missione Rosetta consisteva nel far orbitare la sonda attorno alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, nel mapparne la superficie e nell’atterrarvi con il lander Philae. L’atterraggio, avvenuto il 12 novembre del 2014, ha segnato un traguardo importante per l’esplorazione spaziale. Infatti Rosetta è stata la prima missione robotizzata ad aver raggiunto una cometa con una sonda e ad esservi atterrata con un lander. Questo mese ricorre il quinto anniversario dall’atterraggio del lander sulla cometa, che festeggiamo con la ricca galleria di immagini che l’ESA ha reso disponibile al pubblico qui. Di seguito troverete un filmato, edito dall’ESA, che ricostruisce la traiettoria della sonda nelle fasi salienti dell’avvicinamento alla cometa.
Le difficoltà della missione sono state principalmente dovute alle forti asperità della superficie, osservate tramite lo strumento ottico OSIRIS di Rosetta. In aggiunta a questo, la bassissima gravità sviluppata, pari a circa un millesimo della gravità terrestre, complicava l’aggancio alla superficie. Un qualsiasi urto non controllato avrebbe potuto far rimbalzare il lander e far perdere ogni speranza di attracco o peggio, avrebbe distrutto il lander. Per risolvere il problema della gravità, Philae fu dotato di un sistema di piccoli arpioni e trapani, che avrebbero tenuto il lander ancorato al terreno. Una volta assicurata la posizione, il lander avrebbe raccolto e studiato diversi campioni di roccia, grazie al laboratorio miniaturizzato montato al suo interno (Sample Drilling and Distribution o S2D). Nel frattempo, la sonda avrebbe orbitato attorno al corpo principale per studiarne la morfologia e le possibili cause della forma caratteristica, dalla quale abbiamo ricavato dei dati interessanti.
Un brutto colpo!
La particolare struttura di questa cometa ha fatto supporre una nascita davvero turbolenta, dovuta ad uno scontro fra due corpi rocciosi all’interno della Fascia di Kuiper. Si distinguono, infatti, i due lobi più grandi saldati fra loro da una struttura a forma di collo, ritenuto il punto di giunzione. Altra particolarità è l’estrema variazione geologica della superficie, che presenta spuntoni di roccia alternati ad ampi depositi di polvere e di altre particelle sottili non compattate. Di seguito riportiamo un’animazione sulle ipotesi di formazione della cometa.
La missione è terminata il 30 settembre del 2016 con lo schianto programmato della sonda Rosetta sulla cometa e con la successiva disattivazione del suo segnale. Si pensa che i dati raccolti sulla cometa possano ampliare l’interesse della comunità verso lo studio di questi oggetti, definiti per molto tempo come “palle di neve sporca”, anche alla luce di un futuro ipotetico sfruttamento minerario dei corpi vaganti.