Il Green New Deal
Nell’ottobre del 2018 l’Intergovernmental Panel of Climate Change (IPCC) pubblicò un report intitolato “Riscaldamento globale di 1.5°C”.1 Questo studio non era rivolto solo alla comunità scientifica, ma anche e soprattutto ai decisori politici. Esso, infatti, metteva in luce le estreme conseguenze di un riscaldamento globale pari e/o superiore a 1.5°C rispetto ai livelli preindustriali, sottolineando la necessità di ridurre progressivamente le emissioni climalteranti fino all’annullamento.
Il report ha avuto successo nel suscitare l’attenzione dell’opinione pubblica, favorendo i primi tentativi di svolta: negli USA, l’ala democratica del Congresso ha presentato nel febbraio 2019 una risoluzione per la realizzazione di un Green New Deal.2 I più attenti avranno notato il riferimento allo storico “New Deal” di Franklin D. Roosevelt, ovvero il piano di riforme sociali ed economiche che permisero agli USA di uscire dalla Grande Depressione. Questa volta il problema è ambientale, ma è comunque necessario un rinnovamento socioeconomico per farvi fronte.
In cosa consiste il Green New Deal americano?
Il progetto americano pone le sue basi sull’ammodernamento dell’infrastruttura con i seguenti obbiettivi principali:
- il passaggio progressivo ad una produzione energetica da fonti rinnovabili (FER);
- una visione più sostenibile e circolare dell’economia;
- un rinnovamento dei settori trasporti, agricoltura e industria;
- una maggiore attenzione all’ambiente e alla qualità di vita della popolazione;
- la riqualificazione di edifici e infrastrutture civili in previsione dell’intensificarsi di eventi atmosferici estremi.
L’uso sempre più massiccio di FER – principalmente solare ed eolico – servirà a ridurre le emissioni di CO2, la causa principale dell’effetto serra. Non basta però installare sempre più pannelli o pale eoliche, possibilmente sempre più efficienti: bisognerà ideare una vera e propria rete elettrica intelligente (da lì il termine smart grid) in grado di gestire una produzione di energia non più centralizzata ma distribuita sul territorio. Inoltre, bisognerà investire su sistemi di accumulo necessari a immagazzinare l’energia prodotta tramite FER quando la richiesta dell’utenza è bassa.
L’idea del Green New Deal è porre una scadenza a 10 anni per la messa in opera di questi progetti. È necessario sin da subito stanziare fondi ed approvare adeguate riforme. Gli esperti tengono a precisare che tutti questi sforzi non saranno altro che un investimento mirato a migliorare la qualità di vita del paese: basti pensare alla manodopera necessaria all’ammodernamento dell’infrastruttura o alla distribuzione di capitali su un’ampia fetta della popolazione.
E gli altri?
Gli USA non sono l’unica nazione ad investire in politiche sostenibili: il Green New Deal è il tentativo di mettersi al passo con altre due potenze che hanno da tempo intrapreso questa via, ovvero l’Unione Europea e la Cina.
L’Unione Europea è sicuramente la realtà più all’avanguardia dal punto di vista della sostenibilità, avendo preso efficaci misure a seguito dell’ormai storico Protocollo di Kyoto. Parliamo del Piano 20-20-203 (marzo 2007) con il quale la UE si impegnò a ridurre del 20% le emissioni di gas climalteranti (rispetto al 1990), a migliorare del 20% l’efficienza energetica e a ricavare il 20% del fabbisogno energetico da FER. Va detto, a onor del vero, che solo il primo obiettivo è prossimo ad essere raggiunto, ma comunque bisogna dar merito all’enorme sforzo compiuto per ideare e sviluppare modelli di sostenibilità e per far crescere la ricerca in questi campi.4 Anche l’UE ha presentato negli ultimi mesi un European Green Deal, con l’obiettivo di rendere l’Europa neutrale dal punto di vista delle emissioni entro il 2050.5
Un altro attore importante è la Repubblica Popolare Cinese, la cui sbalorditiva crescita economica l’ha portata a diventare il primo paese per tonnellate di CO2 emesse.6 Negli ultimi anni, però, la Cina ha intrapreso un decisivo cambio di rotta: nel novembre 2014 il presidente Xi Jinping si è impegnato a generare il 20% dell’energia totale consumata tramite fonti non-fossili.7 Attualmente la Cina è il maggior produttore di pannelli fotovoltaici e ha già capito come questo nuovo mercato possa creare molti più posti di lavoro della produzione di energia tramite centrali termoelettriche.8
Lo stato attuale
La spinta sostenibile che ha caratterizzato gli ultimi mesi, accompagnata dalla grande mobilitazione giovanile del Friday for Future capitanata dall’attivista svedese Greta Thunberg, ha trovato nella recente pandemia da Covid-19 una battuta d’arresto. Dal canto suo l’UE ha confermato tramite le parole di Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, il suo impegno nel pianificare e portare avanti il Green Deal.9
Di certo, questa nuova crisi sta rimescolando le carte rispetto allo scenario precedente e sono in molti a sostenere che la ripartenza possa essere una rampa di lancio per un’economia più sostenibile. Tutto dipenderà dalla reale capacità di investimento e di gestione dei capitali necessari alla svolta green.
Leggi anche:
Fonti:
- IPCC, Riscaldamento globale di 1.5°C – Sommario per i Decisori Politici
- Risoluzione sul Green New Deal al Congresso degli USA
- Pacchetto 20-20-20
- Progressi compiuti nella riduzione delle emissioni
- Green New Deal europeo
- Andamento delle emissioni di CO2 annuali
- Impegno della Cina sulla riduzione delle emissioni
- Cina primo produttore di solare fotovoltaico
- Frans Timmermans sul Green New Deal Europeo