Ingegneria Energetica

Pannelli fotovoltaici a film sottile

Diversi materiali possono essere usati nella realizzazione di pannelli a film sottile (thin-film), una tipologia di pannello fotovoltaico realizzata mediante la deposizione di molteplici strati sottili di spessore compreso tra il micrometro e la decina di nanometri su un substrato plastico, di vetro o metallico.

Gli strati molteplici di materiale costituiscono giunzioni singole, doppie o multiple che danno origine all’effetto fotovoltaico. Le celle vengono ricavate dagli strati precedentemente realizzati mediante l’utilizzo di appositi laser.

Il substrato è non rigido per consentire la realizzazione di lunghe lamine poco pesanti che possano essere arrotolate ed in seguito facilmente installate.

La giunzione può essere realizzata attraverso l’utilizzo di diversi materiali, i materiali attualmente più comuni in commercio sono:

  • Silicio Amorfo
  • Tellururo di Cadmio (CdTe)
  • Rame Indio Gallio di Selenio (CIGS)
  • Organiche (composti organici del carbonio)

Tecnica della CVD (Chemical Vapor Deposition)

Queste celle possono essere realizzate mediante la tecnica della deposizione chimica da vapore (Chemical Vapor Deposition: CVD).

La tecnica CVD consiste nel realizzare un supporto, precedentemente adattato con laser o bagni chimici, che viene utilizzato come base su cui poter depositare un precursore molecolare (una sostanza che attraverso una reazione chimica diventa parte integrante di una nuova molecola) attraverso l’utilizzo di un gas di trasporto.

In questo modo si genera una reazione chimica o più in dettaglio una decomposizione tra il supporto e il precursore per cui si ottiene uno strato del materiale desiderato e si procede fino alla realizzazione della giunzione singola, doppia o multipla.

Il gas di trasporto altamente inquinante viene ogni volta estratto assieme agli scarti del processo e riutilizzato laddove possibile.

Mediante l’utilizzo di laser si provvede poi a rimuovere le impurità dai bordi del modulo e viene ultimato il circuito, disegnando le celle. È inoltre possibile realizzare strati ad alta densità ricoprendo anche forme geometriche complesse col materiale desiderato in tempi relativamente rapidi.

Immagine del processo di CVD

Materiali delle celle a film sottile

Il Tellururo di Cadmio (CdTe)

Il Tellururo di Cadmio (CdTe) è un composto chimico cristallino formato dal Tellurio e dal Cadmio con caratteristiche simili al Silicio o all’arseniuro di gallio. Grazie alle sue proprietà di semiconduttore di tipo p è facile realizzare una etero-giunzione p-n (giunzione tra materiali aventi gap energetici diversi) accostandolo al Solfuro di Cadmio (CdS). La realizzazione di queste celle solari è caratterizzata da costi bassi, sia a livello di materiale sia per la produzione stessa. Ha un’elevata semplicità di riciclaggio infatti quasi il 95% dell’intero materiale può essere riutilizzato. Presenta un maggiore assorbimento dell’energia luminosa rispetto alle celle in silicio e di conseguenza una resa più elevata (si può arrivare ad un picco massimo di efficienza pari al 16%).

La problematica principale di questa tipologia di cella è il rilascio di gas nocivi all’aumento sensibile della temperatura. Questo problema obbliga ad incapsulare le celle in CdTe, in lastre tipicamente in vetro che sono in grado di resistere anche a temperature estreme come per esempio un incendio.

ricostruzione grafica di “un foglio” di tellururo di cadmio

Rame Indio Gallio di Selenio (CIGS)

Le celle realizzate in Rame Indio Gallio di Selenio (CIGS) sono delle celle che si sono cominciate a diffondere da poco (circa una ventina di anni).

È formata da una struttura di base caratterizzata da un substrato di vetro su cui viene realizzata una etero-giunzione formata da CIGS come semiconduttore che per natura è di tipo p e un semiconduttore di tipo n quale l’Ossido di Zinco (ZnO) drogato con Alluminio. Si applica un sottile strato neutro per separare le due regioni aumentando così l’efficienza e la robustezza della giunzione.

L’efficienza di celle di questo tipo si aggira tra il 13% e il 19% accompagnato da una notevole longevità. Intatti, ha una garanzia di durata media di vita che si attesta sui 25 anni in quanto non ci sono processi particolari che potrebbero causare drastiche riduzioni delle prestazioni nel tempo.

Anche in questo caso l’utilizzo di questa tipologia di celle ad elevate temperature provoca l’esalazione di gas altamente tossici in quantità nettamente inferiore però al Tellururo di Cadmio.

ricostruzione grafica di un “foglio in CIGS”

Le celle a film sottile sono celle che possono essere (e lo sono già) utilizzate in campo spaziale proprio per la relativa “facilità” di produzione in costi contenuti con il vantaggio di non dover gestire le esalazioni tossiche in ambienti prettamente a contatto con l’ambiente spaziale.

fotovoltaiche organiche

Le celle fotovoltaiche organiche sono state recentemente sviluppate e sono caratterizzate da una parte foto-attiva realizzata con composti organici del carbonio.

Le celle foto-attive hanno una struttura comune composta da un substrato di vetro o plastica che fa da supporto a strati sottili contenenti i materiali foto-attivi che vengono interposti tra due elettrodi conduttivi.

Per la realizzazione di celle organiche il più efficienti possibili ci si basa sul processo della fotosintesi clorofilliana utilizzando materiali in cui un pigmento assorbe la radiazione solare.

Si possono suddividere le celle organiche in due sottocategorie:

– Organiche in cui la parte attiva è totalmente organica o polimerica, caratterizzate da bassissime efficienze (4%-5% massimo) e da una breve durata di vita (un paio d’anni) ma realizzate con un processo semplice e molto economico;

– Ibride, che sono le più diffuse, in cui il materiale organico viene mescolato e unito con un materiale inorganico conduttore formando così una etero-giunzione foto-attiva, dove il materiale organico funge da fornitore di cariche mentre l’inorganico ne agevola la trasmissione fino agli elettrodi.

Il notevole vantaggio dei materiali fotovoltaici organici che ne ha permesso la rapida diffusione consiste nel fatto che essi possono essere depositati su larghe aree o su pellicole in soluzione liquida mediante processi tipici dell’industria della stampa quali l’inkjet printing e lo screen printing (processi additivi in cui gli scarti di materiale sono ridotti e dal basso costo).

Le celle organiche presentano un limitato assorbimento dello spettro solare, una sensibilità delle prestazioni maggiore al variare della temperatura (decade sensibilmente) e una durata utile delle celle di soli 2-3 anni.

Con questa di cella, si possono creare moduli leggeri e altamente flessibili (la loro resistenza e la flessibilità dipendono dalla superficie a cui sono collegati) di facile installazione anche in superfici curve.

Offrono buone prestazioni in condizioni di luce “debole” reagendo al meglio in casi di copertura parziale causata da ombre, sporcizia, sabbia, polvere e neve maggiore rispetto ai pannelli cristallini.

Il rendimento di celle di questo tipo si aggira su valori attualmente estremamente bassi che si assestano intorno al 4% il che limita non poco l’utilizzo di questo tipo di tecnologia poiché richiede ampi spazi per raggiungere potenze accettabili.

foto di una cella flessibile in materiale organico

Leggi anche:

Tipologia di celle in silicio di pannelli fotovoltaici

Fonti:

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Umberto Paloni
Laureato in Ingegneria Energetica presso l'Università di Roma Tor Vergata. Appassionato di sport e di musica. Sin da piccolo interessato all'energia e agli scambi energetici in tutte le sue forme, affascinato dall'energia solare e dalle tipologie di strumenti in grado di sfruttarla e convertirla.

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