Carbon Foot Print: Valutazioni delle emissioni di CO2 ed Incentivi
Il riscaldamento globale e i suoi attori principali
Ad oggi il tema della lotta al cambiamento climatico sta sempre più a cuore alla popolazione globale, per anni l’uomo però ha squilibrato il ciclo naturale del carbonio (CO2) attraverso l’immissione di agenti definiti inquinanti come i CFC o i freon (gas refrigeranti).
In questo articolo ci si ripropone di studiare il naturale ciclo del carbonio, analizzando gli scenari normativi relativi alla CFP, concentrandoci in particolar modo sull’UNI:ISO:14064 andando a descriverla brevemente al fine di comprenderne le potenzialità.
Il ciclo del carbonio
Il carbonio emesso in atmosfera in realtà non è di per sé un inquinante o un gas clima-alterante, infatti, è parzialmente grazie al carbonio che sul nostro pianeta si sono andate a creare le condizioni climatiche che conosciamo oggi. Nei secoli sulla terra si è generato una danza fatta di assorbimenti e rilasci di carbonio, che vede il suo fissaggio e/o assorbimento da parte delle piante (fotosintesi) e dei fitoplancton, e al contempo un emissione di questo gas da parte degli animali e dei bacini d’acqua in cui è disciolta la CO2.
Con l’inizio della rivoluzione industriale (fine ‘700 inizio ‘800) nuovi attori si sono intromessi in questo “ballo a due”:
- Le grandi centrali di produzione di energia;
- Le auto alimentate a fonti fossili;
- I grandi siti produttivi del settore secondario (industria della plastica, chimica, farmaceutica);
Questi, ad oggi, sono ancora i maggiori responsabili delle emissioni di CO2 in atmosfera, a cui si aggiunge anche il settore terziario (server, telecomunicazioni e simili che con lo sviluppo tecnologico si stanno sempre più imponendo nella realtà odierna).
Ad oggi si è capito che un sistema del genere, che vede una crescita incontrollata dei consumi, noncurante dell’ambiente circostante, non è più sostenibile e si è così deciso di varare una famiglia di norme, tutte facenti parte del gruppo UNI:ISO:14000, che abbiano come scopo quello della salvaguardia ambientale, a scopo di esempio se ne riportano alcune:
- UNI:ISO:14001: regolamenta il sistema di gestione ambientale (SGA);
- UNI:ISO:14046: definisce i criteri della WFP(water foot print) e quindi dell’inquinamento delle acque;
- UNI:ISO:14067: definisce i criteri per l’analisi dell’impatto aziendale in termini di emissioni di CO2;
- UNI:ISO:14064: definisce i criteri per l’analisi dell’impatto di un singolo prodotto in termini di emissioni di CO2.
C’è però da dire che gli agenti responsabili del ben noto effetto serra sono plurimi e tutti diversi fra loro, è sorta quindi la necessità di quantificare il contributo del singolo agente clima alterante in modo da poterlo confrontare con le altre specie, ma come fare?
Il Global Warming Potential (GWP)
Il GWP è la misura di quanto una molecola di un certo gas serra (biossido di carbonio, metano, protossido d’azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) contribuisce all’effetto serra; l’indice si basa su una scala relativa che confronta ogni gas con il biossido di carbonio, il cui GWP ha per definizione il valore 1. Il valore del GWP è valido entro un certo intervallo di tempo e può quindi cambiare nel medio periodo; il GWP di una certa molecola dipende infatti dall’intervallo di tempo rispetto al quale è stato calcolato. Così, il metano ha un GWP pari a 25 nell’arco dei cento anni ma pari a 72 nell’arco dei vent’anni.
Il GWP rappresenta quindi il rapporto fra il riscaldamento globale causato in un determinato periodo di tempo da una particolare sostanza e il riscaldamento provocato dalla stessa quantità di biossido di carbonio. Il protossido d’azoto, ad esempio, ha un GPW (100 anni) pari a 298: ciò significa che una tonnellata di protossido d’azoto emesso in atmosfera provoca un aumento dell’effetto serra pari a quello causato dall’emissione di 298 tonnellate di CO2. L’uso dei fattori di peso GWP consente sia di combinare le emissioni dei singoli gas serra e valutare il riscaldamento globale, sia di individuare i contributi delle singole sorgenti emissive alla formazione complessiva di gas serra.
Quindi per calcolare il contributo del singolo gas serra basta moltiplicare il suo GWP per la quantità specifica.
tCO2_eq = GWP x quantità del climalterante
Normativa UNI:ISO:14064
Analizziamo una delle norme associate alla CFP, per comprendere quali siano i criteri stabiliti fino ad oggi riguardo questo argomento.
La 14064 si divide in tre parti, la prima che definisce i limiti in cui applicare la contabilizzazione dei GHG (Green House Gas), una seconda che identifica le soluzioni e le modalità che l’azienda si impegna a mettere in atto per la riduzione delle emissioni ed una terza che invece valida i risultati ottenuti e, a valle della quale, viene rilasciata la certificazione.
In sostanza la 14064 genera una standardizzazione degli approcci (prima della norma ISO infatti vi erano diversi metodi) per la contabilizzazione e la verifica delle emissioni al fine di assicurare che l’emissione di una tCO2_eq emessa da un qualsiasi ente sia indipendente dalla regione geografica di appartenenza dello stesso. E’ proprio questa la forza delle ISO, il potere di standardizzare i processi di valutazione, così da poter confrontare le emissioni dei diversi impianti, indipendentemente da dove si trovino.
Scenario attuale e moniti per il futuro
Purtroppo ancora oggi non esiste una normativa che obblighi i grandi enti energivori ad eseguire una valutazioni in termini di CFP e quindi l’autovalutazione è subordinata ad una maturità aziendale in termini di sensibilità verso l’ambiente. Le uniche fonti di incentivazioni che lo stato è riuscito ad assicurare sono state solo delle riduzioni percentuali in termini di fidejussione (una specie di caparra che un privato deve assicurare alla Pubblica Amministrazione per accedere ad un bando pubblico) per tutte quelle aziende che sono certificate 14064 o 14067 fino ad un massimo di riduzione del 30%, una misura fin troppo timida a mio parere.
Che con il ricovery found vengano stanziati fondi per incentivare questa pratica ancora non è noto, ma ci auguriamo vivamente di si.
Per saperne di più
Lavorando in questo settore, sono riuscito a confrontarmi con diverse aziende, che hanno espresso la volontà di effettuare un’autovalutazione interna in termini di emissioni di agenti clima alteranti, grazie a ciò siano riusciti a generare un programma dettagliato di valutazione interna aziendale per le emissioni di carbonio, per imprese allocate in regioni sia europee che extra-europee, per saperne di più su metodi di calcolo, autovalutazioni interne o consulenze potete contattarmi: [email protected]