L’inquinamento luminoso: un problema sottovalutato
Il fenomeno dell’inquinamento luminoso sta assumendo una dimensione sempre più rilevante all’interno della nostra società.
Con questo concetto si indica l’irradiamento di luce artificiale diretto o indiretto verso la volta celeste prodotto da impianti che non emettono solo la luce necessaria per la visione notturna, ma generano la dispersione della luce anche in altre dimensioni.
Un esempio può essere visto per il caso di un lampione che, oltre ad illuminare l’area in cui si trovi, proietta la luce anche sulla volta celeste.
Gli studiosi, ispirandosi alla scala del cielo di Bortle, hanno creato la seguente classificazione:
- “livello di inquinamento luminoso dell’1 %: cielo incontaminato (nero)
- livello di inquinamento luminoso tra l’1 e l’8 %: cielo relativamente inquinato (blu)
- soglia di inquinamento luminoso tra l’8 e il 50 %: cielo inquinato con livello di inquinamento che degrada verso lo zenith (verde)
- inquinamento luminoso oltre il 50 % dove la Via Lattea non è visibile e la naturale apparenza del cielo notturno è persa (giallo)
- dalla perdita della visione della Via Lattea ad un’elevata stimolazione del cono visivo (rosso)
- luce notturna intensa, l’occhio umano non è più abituato ad adattarsi alla vista notturna (bianco)“.[1]
Perché riveste tanta importanza il fatto che sia possibile vedere il cielo notturno o meno?
Il ritmo circadiano riveste particolare importanza per la fauna in riferimento ai flussi migratori, ma non sono nemmeno da sottovalutare gli effetti sulla salute umana: depressioni e tumori sono alcune delle possibili conseguenze sulla salute dell’uomo.
È noto, infatti, come la luce dei dispositivi elettronici possa influire sulla qualità del nostro sonno o sul ritmo cardiaco.
Chi è esposto all’illuminazione artificiale per molte ore, come lavoratori con i turni notturni, manifesta una più alta probabilità di insorgenza di cancro; per tali ragioni l’inquinamento luminoso è stato inserito tra i fattori classificati come “probabilmente cancerogeni” dell’OMS.
Normative attuali
L’Italia non ha una normativa sull’inquinamento luminoso a livello statale, ma diverse sono le leggi regionali in materia. Una delle più complete è la legge regionale della Lombardia n. 17 del 2000, insieme alle sue integrazioni successive.
La normativa si mostra adeguata principalmente per due ragioni:
1) concentra la sua attenzione su tutto il territorio regionale e non solo su alcune zone;
2) utilizza come parametro tecnico l’intensità luminosa degli apparecchi e non il flusso disperso verso l’alto.
Inoltre viene dettata una disciplina specifica per le caratteristiche tecniche degli impianti e criteri rigidi per la disciplina delle deroghe.
In generale, però, gli obiettivi delle leggi sull’inquinamento luminoso sono tese alla riduzione dell’inquinamento e dei fenomeni di abbagliamento per una tutela degli osservatori astronomici e un miglioramento della qualità della vita.
I principali problemi delle leggi regionali, però, si manifestano per il differente approccio all’inquinamento di ognuna di loro e vi sono anche casi in cui vengono applicate più leggi per un medesimo impianto luminoso (esempio aeroporto di Malpensa che si trova tra il Piemonte e la Lombardia). Inoltre, esistono aree in cui deve esserci un’illuminazione verticale (carceri, determinati monumenti) e, in questi casi, la normativa non può essere rispettata.[2]
Oltre alle leggi regionali, inoltre, sono approvate e riconosciute le norme UNI 10819/1999 e UNI 10439/2001 riguardanti la dispersione verso l’alto del flusso luminoso[3].
La norma UNI 10891/2021
Recentemente, la norma UNI 10819, riformata nel marzo 2021, ha dedicato particolare attenzione non solo agli impianti di illuminazione stradale e i posti di lavoro in esterno, ma anche all’illuminazione dei monumenti, parchi e giardini, aree residenziali o illuminazione di aree sportive.
Vengono, inoltre, individuati i parametri tecnici di controllo per le insegne luminose e i metodi di calcolo per la valutazione della luce intrusiva, prodotta dagli impianti illuminazione, le aree pubbliche e private[4], il metodo di valutazione della luce spettrale, che quantifica la componente blu emessa e la regolazione del flusso luminoso.
Innovativi sono anche i metodi di calcolo per la valutazione della luce intrusiva dei sistemi di illuminazione stradale trattati nella norma, sia nelle arie pubbliche che nelle aree private.
Ad oggi, quasi tutte le regioni hanno adottato una legge regionale sull’inquinamento luminoso, tranne la Calabria, di cui è stato presentato solo un disegno di legge, e la Sicilia, la cui normativa, del 2005, demandava una successiva legiferazione che non si è verificata[5].
Quali sono le misure che possono essere adottate per limitare l’inquinamento luminoso?
Si ritiene preferibile, per l’illuminazione stradale, l’utilizzo di lampade a vapori di sodio ad alta pressione, poiché la loro luce mostra una migliore efficienza luminosa ed è ottimale per l’occhio umano.
Per gli impianti sportivi, invece, è consigliabile usare lampade a vapori di alogenuri metallici che permettono un’illuminazione con alta resa dei colori.
È stato posto il divieto sull’utilizzo delle lampade a vapore di mercurio.
Uno dei fattori maggiormente inquinanti è poi l’illuminazione degli edifici pubblici, per cui si deve cercare di evitare l’uso di dispositivi illuminanti dal basso verso l’alto.
Oggi le leggi regionali permettono solo ai monumenti e agli edifici storici questa illuminazione, ma i raggi devono ricadere solo sull’edificio e con dei limiti di luminanza.
Quasi tutte le leggi regionali prevedono l’abbassamento del flusso luminoso durante determinati orari, principalmente attraverso i “riduttori di flusso” che permettono una modulazione della potenza emessa nei circuiti di lampade.[6]
Misure quotidiane per la riduzione dell’inquinamento
Numerose sono le accortezze che anche noi possiamo adottare: spegnere le luci in eccesso, utilizzare lampade da esterno che non disperdono la luce verso l’alto.
Queste misure comportano vari vantaggi: economici, ma anche di sicurezza, (sulle strade una luce non dispersiva permetterebbe una guida più sicura).
Si spera che questo inquinamento acquisisca sempre più una dimensione rilevante, così da farci riguadagnare una qualità della vita tale da permetterci nuovamente di poter ammirare il cielo.
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FONTI
[1] C. Bergamasco, Inquinamento luminoso, Lifegate, 2017 e https://web.uniroma1.it/dip_management/sites/default/files/D%20agenti%20fisici.pdf
[2] V.Solenne, Inquinamento luminoso: leggi regionali in materia,2018
[3] Le norme UNI sono emesse da parte dell’Ente nazionale italiano di nnificazione, un organismo nazionale privato. L’UNI elabora e fornisce le norme tecniche che verranno utilizzati dalle pubbliche amministrazioni, le rappresentanze sindacali, le associazioni di consumatori ecc. Infatti, le norme emesse da questo ente, non costituiscono legge, ma sono riconosciute nell’ambito nazionale.
[4] Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, luce naturale illuminazione, la nuova norma UNI sull’inquinamento luminoso, 22-04-2021.
[5] L.R.n.18/2005, ART.3
[6] A.Gandolfi, Illuminazione esterna e inquinamento luminoso, ELektro.it