Il vulcanesimo in Italia
Una prima panoramica sui vulcani
L’Italia ed il Mar Mediterraneo ospitano alcuni fra i più importanti siti vulcanici al mondo, famosi per l’interesse scientifico e storico che destano. Il caso vuole che l’Italia sia interamente incastrata fra due placche, ovvero la placca eurasiatica e la placca africana. La spinta simultanea dell’una contro l’altra ha portato alla nascita delle nostre catene montuose e alla formazione di diversi vulcani, concentrati principalmente nel sud Italia.
Chi vive in Italia ha molto a cuore il problema della vita accanto ad un vulcano, specialmente se si è abitanti della Campania, della Sicilia o delle isole Eolie. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) è responsabile del monitoraggio e dello studio di tutti i fenomeni vulcanici e sismici in Italia e nel mondo. L’Istituto raccoglie i dati sui fenomeni vulcanici, redige le linee guida in caso di evacuazioni e assicura l’abitabilità nelle zone immediatamente vicine ai vulcani. Se chi ci sta leggendo abita o ha abitato nei pressi di un vulcano, saprà sicuramente che i vulcani nostrani non sono esattamente degli amiconi. Ciò nonostante ognuno di loro offre un’opportunità di studio unica al mondo.
Un vulcano per amico, o quasi…
Il monte Etna, situato nella Sicilia Orientale, è da tempo conosciuto come il“gigante buono”. La sua formazione risale a 100.000 anni fa, quando del materiale magmatico cominciò a fuoriuscire dal punto caldo dal quale tutt’ora il monte è alimentato. Il vulcano in sé non è particolarmente noto per disturbare la vita dell’uomo ma, stando alle memorie condivise dagli abitanti dei paesi etnei, “a Muntagna si fa sìentiri” (dal dialetto: “la montagna si fa sentire”). Infatti, la zona circostante è interessata da periodici sismi di lieve entità, mentre sono rare le scosse di potenza davvero rilevante. Ricordiamo il recente sisma del 26 dicembre 2018 che ha colpito Milo e i paesi limitrofi con uno sciame sismico di picco 4.8 sulla scala Richter e con ipocentro ad un chilometro di profondità.
L’attività del monte Etna oscilla fra l’esplosivo e l’effusivo, a causa della variabile viscosità della lava uscente. Quando il magma è più viscoso, infatti, non permette facilmente ai gas racchiusi di uscire. Ciò provoca un aumento della pressione media all’interno della caldera e porta alla caratteristica esplosione reboante, con produzione di ceneri e lapilli. Al contrario, un effluvio di lava poco viscosa rappresenta un pericolo minore. La lava poco viscosa, infatti, non trattiene le bolle di gas, che non causano aumenti di pressione nei volumi di magma. L’alternarsi di eruzioni fluide ed eplosioni ha definito l’ambivalente natura di vulcano a scudo e di stratovulcano. Le eruzioni dell’Etna sono particolarmente famose per i pennacchi di lava rosso acceso, che spiccano con grande contrasto sul buio della notte.
L’Etna potrà sembrare un vulcano “gentile” per via della sua attività persistente, ma non dobbiamo dimenticarci del fatto che resti sempre un vulcano. L’eruzione più famosa, risalente al 1669, aveva distrutto la città di Catania ed espulso quasi un miliardo di metri cubi di materiale lavico. In basso troverete un’accurata ricostruzione della colata lavica del 1669, dalla quale possiamo ben notare l’aggiunta di materiale lavico alla costa catanese.
Pentola a pressione!
L’area dei Campi Flegrei ed il complesso vulcanico Somma-Vesuvio si estendono in corrispondenza dell’area metropolitana sud-orientale di Napoli. Il Vesuvio risulta essere il superstite di un antico sistema di vulcani deflagrato durante la storica esplosione del 79 d.C., che distrusse Ercolano, Pompei e Stabia. Dal 1944, anno dell’ultima eruzione del Vesuvio, si attestano solo una lieve attività sismica ed emissioni frequenti di gas da fumarole.
Il sito dei Campi Flegrei desta particolare interesse per via del frequente fenomeno di bradisismo cui è soggetto. In poche parole, in una località soggetta a bradisismo il livello del suolo si innalza e si abbassa, a causa di spostamenti di grandi masse di magma al di sotto dell’area interessata. Per tali motivi, un’azione interdipendente fra flussi magmatici sotterranei e sismi locali non è per nulla da sottovalutare. Un esempio palese è dato dal sisma di Pompei del 5 febbraio dell’anno 62 d.C. . Si è ipotizzato per lungo tempo che questo evento sismico, raccontato da Lucio Anneo Seneca nel sesto libro delle Naturales quaestiones, potesse essere collegato con l’esplosione del 79 per via della vicinanza temporale. Purtroppo l’ipotesi non è confermabile.
Sembrerebbe essere tutto sotto controllo, ma un vulcano quiescente si rivela molto meno prevedibile rispetto ad un vulcano attivo. Due eruzioni dallo stesso vulcano sono intervallate da un periodo di riposo, che di norma fornisce un’indicazione sui tempi di attività del vulcano stesso. Quando questi tempi non vengono rispettati si teme l’arrivo di un’eruzione più violenta, sia per un aumento di pressione sulle pareti della caldera, sia per possibili sismi connessi all’attività eruttiva maggiorata in potenza.
Vulcani sottomarini
L’Etna ed il Vesuvio non sono gli unici siti vulcanici monitorati dall’INGV. Difatti, il Mar Tirreno ed il Canale di Sicilia nascondono diversi vulcani sottomarini, i quali differiscono morfologicamente dai vulcani in superficie. Molti di loro, infatti, si presentano come delle vere e proprie dorsali marine, sviluppatesi in corrispondenza dei punti più sottili nella crosta.
La loro attività si esplica principalmente nell’emissione di gas e di materiali rocciosi che ricadono sul fondale marino. Sembrerebbero attività innocue, ma il movimento del magma al di sotto della crosta lascia supporre un’attività molto più dinamica. Marsili, Palinuro e Magnaghi sono i vulcani attivi del Tirreno, mentre il Terribile, l’Empedocle ed il Ferdinandea occupano il Canale di Sicilia.
È interessante notare la distribuzione delle diverse bocche vulcaniche nel sito tirrenico. La concentrazione di crateri sottomarini a nord della costa siciliana lascia supporre che, in un futuro non troppo remoto, si potrà assistere alla nascita di nuove isole vulcaniche, oltre a quelle già note dell’arcipelago eolico, ovvero Stromboli e Vulcano.
Il vulcanesimo secondario
Sul territorio italiano si trovano diverse località soggette a fenomeni di “vulcanesimo secondario”. La definizione molto ampia include tutte le interazioni tra magma e terreno, gas di risalita e falde acquifere. Manifestazioni dirette di queste interazioni sono i geyser, i soffioni boraciferi, le solfatare, le sorgenti termali, i coni di fango e di argilla e le mofete. Sono note le solfatare di Pozzuoli, le Salinelle di Paternò, le Salse di Nirano, i soffioni boraciferi di Larderello, le acque termali di Saturnia, le mofete in Irpinia e le fumarole dei Campi Flegrei.
Molti di questi fenomeni, in particolar modo i soffioni boraciferi, producono un’energia non indifferente, che può essere sfruttata per molteplici usi. In un altro articolo, cui vi rimandiamo tramite il seguente link, scoprirete come l’estrazione di energia geotermica da siti interessati da fenomeni di vulcanismo secondario sia fondamentale per molti processi industriali e per il riscaldamento degli ambienti domestici.
Fonti grafiche
- Protezione Civile
- Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
- Luca Nacchio (Flickr) (foto del cono di fango)
- SkyTG24 (foto satellitare del vulcano Empedocle)
- L’Astrolabio – Amici della Terra(mappa dei fenomeni vulcanici in Italia)
- MeteoVesuvio (Caldera di Campi Flegrei)
- ResearchGate(mappa placche tettoniche)
- Live UniCT(eruzione del monte Etna)
- PassioneEtna(ricostruzione eruzione dell’Etna del 1669)