Microplastiche e salute umana
Nel precedente articolo abbiamo parlato di cosa sono le microplastiche, di quante ne vengano rilasciate ogni anno negli oceani e come queste si inseriscano in ogni nodo della rete alimentare marina. Non è certo difficile immaginare come l’uomo, consumatore di numerosissimi prodotti ittici, possa venire a contatto con le microplastiche! Ma come e quanto le microplastiche influenzano la salute umana?
Quali sono i rischi del mangiare pesce?
Innanzitutto, c’è da specificare che l’uomo non sempre consuma completamente ogni parte dell’animale. Ad esempio, eliminando dal pesce il suo tratto gastrointestinale già stiamo svolgendo una sostanziale pulizia. Il problema sussiste dal momento che una ridotta quantità di microplastiche può essere assorbita dalla parete dell’intestino o dalle branchie per poi migrare nei fluidi corporei o rimanere sull’epidermide respiratoria (Wright and Kelly, 2017). Ma non è il pesce ad essere la preoccupazione maggiore per l’uomo. Gli organismi marini più studiati per via dell’elevata concentrazione di microplastiche presenti al loro interno sono i cosiddetti “frutti di mare”.
Filtratori e microplastiche
Chi ama la cucina di pesce lo sa, le cozze si mangiano in un sol boccone. Tuttavia, a causa della loro strategia alimentare basata sulla filtrazione delle particelle disperse in acqua, i molluschi bivalvi sono tra i maggiori accumulatori di microplastiche. Gli autori di uno studio del 2014 (Van Cauwenberghe and Janssen, 2014) hanno calcolato che le cozze prelevate da impianti di acquacoltura nel Mare del Nord presentano in media 0.4 particelle per grammo di tessuto. Poco? Stimando il consumo di cozze medio in Europa, i maggiori consumatori (come il Belgio) arriverebbero a ingerire oltre 11,000 microparticelle di plastica l’anno. Mentre la stima minima è di 1,800 particelle l’anno per paesi come l’Irlanda. Ovviamente le cozze non sono l’unica specie di frutto di mare presente nella dieta umana.
E una volta ingerite le microplastiche, cosa succede?
Circa il 90% delle microplastiche viene successivamente espulsa con le feci (Smith et al., 2018). Nonostante siano sempre più numerosi gli studi che descrivono le possibili vie di trasferimento delle particelle plastiche dall’intestino ad altri tessuti del nostro organismo, pochi sono quelli che riportano implicazioni sulla nostra salute. Per riassumere fin dove le nano- e microplastiche possano potenzialmente arrivare, consultare la Figura 3.
In una review di quest’anno (Prata et al., 2020) sono stati elencati i rischi maggiori per la salute dell’uomo causati dall’ingestione di microplastiche. Come già detto nel primo articolo, la plastica, grazie alla sua natura chimica, può assorbire inquinanti organici (POPs) dispersi nell’ambiente. Dunque, le microplastiche svolgono la funzione di accumulo e diventano i vettori di tali inquinanti fino all’interno del nostro organismo. Tra le diverse conseguenze dei POPs sulla salute dell’uomo troviamo una serie di possibili infiammazioni ai diversi tipi di organi e tessuti. Inoltre, alcune possibili conseguenze più gravi possono essere l’insorgenza di patologie neurodegenerative e il cancro. Tali ipotesi si basano sui diversi studi citati all’interno della review e svolti attraverso indagini preliminari su cellule in vitro o su animali modello. Siamo solo all’inizio di una neonata branca di studi e ci vorranno anni prima che si potranno ottenere valori certi sul rischio per la salute umana.
La tematica affrontata è così vasta che esistono numerosi altri collegamenti tra le microplastiche e l’uomo ma per ragioni di spazio verranno trattati nei successivi articoli.
Fonti: