Microplastiche: nuove scoperte
Le microplastiche e il loro impatto sono ancora una questione estremamente calda e questo 2020 ha portato a nuove e poco rassicuranti scoperte. Nei precedenti articoli abbiamo parlato di cosa sono le microplastiche, di quante ne vengano rilasciate ogni anno negli oceani e quali sono i rischi per l’uomo. In questo articolo verranno presentati due lavori estremamente d’impatto per i risultati scientifici che sono stati riportati.
I neonati ingeriscono milioni di microplastiche
I prodotti a base di polipropilene sono comunemente usati per la preparazione e la conservazione degli alimenti, ma la loro capacità di rilasciare microplastiche è poco conosciuta. E’ ormai già noto che le microplastiche presenti nell’ambiente contaminano il cibo e le bevande umane, infatti le plastiche possono trovarsi sia nel sale, nell’acqua potabile ed anche in diversi alimenti (Karami et al. 2017; Koelmans et al. 2019; Rainieri et Barranco 2019).
Neonati e microplastiche
Ebbene si, tutti i bambini alimentati con uso di bottiglie ingeriscono milioni di microplastiche al giorno, secondo uno studio appena pubblicato su Nature Food. Gli scienziati hanno scoperto che il processo ad alta temperatura raccomandato per la sterilizzazione delle bottiglie di plastica e la preparazione del latte artificiale ha causato la perdita di milioni di microplastiche e di miliardi di nanoplastiche ancora più piccole. Dunque, la preparazione del cibo in contenitori di plastica può portare a un’esposizione migliaia di volte superiore rispetto al cibo e alle bevande (Li et al. 2020).
I risultati della ricerca
Dai dati, si stima che i bambini sono esposti in media a 1.6 milioni di microplastiche al giorno durante il loro primo anno di vita se alimentati con bottiglie di plastica. Gli Stati Uniti, l’Australia e i paesi europei avevano i livelli più alti, più di 2 milioni di particelle al giorno, a causa dei livelli più elevati di alimentazione con il biberon.
Soluzioni
Anche se gli effetti non sono conosciuti, è possibile evitare di ingerire plastiche. In primis, è possibile utilizzare bottiglie in vetro. Oppure, gli scienziati suggeriscono che un ulteriore lavaggio può eliminare le eventuali microplastiche prodotte. Infatti, l’acqua bollita in un contenitore non plastico e poi raffreddata viene utilizzata per sciacquare la bottiglia tre volte dopo la sterilizzazione.
Microplastiche in frutta e verdura
Le microplastiche sono presenti anche negli ecosistemi terrestri. La loro dispersione nell’ambiente è dovuta al continuo consumo di materiale plastico da parte di stimoli chimici e fisici. Una volta che i frammenti di plastica vengono liberati, gli agenti atmosferici possono trasportarli nell’ambiente. Troviamo numerosi esempi che dimostrano che questo tipo di materiale inquinante sia davvero ovunque. Una recente pubblicazione tutta italiana dimostra come le microplastiche siano presenti anche all’interno di frutta e verdura (Conti et al., 2020).
Ma come sono state trovate e quante?
Per lo studio sono state utilizzate mele, pere, lattuga, cavolo, carote e patate acquistati in supermercati, frutterie e negozi a km 0. Con tutte le dovute accortezze del caso per non contaminare i campioni con fibre sintetiche presenti nell’aria e/o provenienti da camici e vestiti, si è proceduto con l’analisi dei campioni sotto cappa a flusso laminare. Dopo averle pelate, frullate e prosciugate di tutta l’acqua, si è passati all’omogeneizzazione mediante reagenti. Infine, ogni 10 grammi di campione è stato steso su supporti per le analisi con il microscopio elettronico a scansione (SEM).
Nello studio si riporta un picco massimo di microplastiche di ben 223.000 (frutta: mele) e 97.800 (verdura: carote). Le particelle di plastica rilevate avevano una dimensione variabile tra i 1,51 e i 2,52 micrometri.
Ma come ci sono finiti dentro i tessuti vegetali?
Nel lavoro citato si ipotizza che le nano- e microplastiche penetrino nei tessuti vegetali con le stesse modalità dei nanomateriali in carbonio la cui letteratura scientifica al riguardo è più abbondante. Per le particelle più piccole, la modalità di assorbimento parte dal livello radicale fino ad essere trasportate grazie ai tessuti vascolari delle piante in tutti gli organi della pianta. Un altro tipo di assorbimento può avvenire nel momento di crescita e sviluppo del seme mediante endocitosi (meccanismo di assorbimento cellulare di componenti biologici di “grandi” dimensioni). Infine, è documentata anche un tipo di assorbimento capillare da parte dei tessuti aerei come le foglie.
Queste sono i primi studi e la nuove scoperte che investigano l’esposizione umana alle plastiche. Infatti, gli impatti sulla salute sono ancora sconosciuti e quindi ulteriori ricerche sono necessarie per valutare il problema “plastiche”.
Che dire… Ancora una volta il 2020 ci ha riservato nuove scoperte di cui potevamo fare anche a meno!